COMUNE DI RE
Piazza Santuario, 3 - 28856 RE (Verbania)
Municipio:  ++39.0324.97012
- fax ++39.0324.97012
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Altitudine mt. 710 slm. - abitanti: n. 933 - frazioni: Folsogno,
Meis, Dissimo, Olgia.
Feste patronali: S. Maurizio (15 Gennaio) - Ricorrenza del Miracolo
con fiera (29/30 Aprile e 1° Maggio).
 
   
      | 1 - RE E LA VALLE
         VIGEZZO | 
   
      | Re deve la sua importanza alla
         prodigiosa effusione di sangue avvenuta nel 1494 sopra un
         affresco raffigurante una Madonna del latte. Geograficamente
         è situato nella Valle Vigezzo orientale in provincia
         di Verbania a 7 chilometri dal confine con la Svizzera
         (Canton Ticino) a 710 mt. di altitudine. Collocato sulla
         sponda sinistra del Melezzo orientale , deriva il suo nome
         dal dialetto "Ri" (torrente), mentre l'agglomerato
         più popoloso del paese è situato più in
         alto sul dorso della montagna con il nome Folsogno. La Valle
         Vigezzo appartiene alle Alpi Lepontine ed è
         costituita da un ampio altopiano, disposto in senso
         longitudinale da est ad ovest, aperta, a differenza della
         maggior parte delle valli, sui due versanti. Ad ovest si
         affaccia alla visione |   | 
   
      | maestosa dei ghiacciai del Monte
         Rosa e delle Alpi Pennine. Da questo può derivare il
         suo nome (video glacies) o più probabilmente dalla
         sua origine geologica che, nel periodo quaternario, la vede
         trasformarsi in palude ("uezza"). In seguito l'erosione
         delle sponde sui due versanti, si sono formati i due corsi
         d'acqua denominati "Melezzo Orientale" e "Melezzo
         Occidentale" che percorrono la Valle, il primo verso la
         Svizzera (Centovalli) e il secondo verso l'Italia
         (Domodossola). Nel tratto di fiume di fronte a Re affiorano
         sedimenti di argilla ricchi di fossili (filliti
         quaternarie). La Valle Vigezzo, per la condizioni favorevoli
         del suo clima, fresco d'estate e secco d'inverno, è
         molto frequentata da villeggianti e da turisti. E' ricca di
         vegetazione e rinomata come la "Valle dei pittori" grazie
         alla luminosità del suo cielo e alla varietà
         dei colori autunnali che hanno ispirato i pennelli di
         celebri artisti quali il Borgnis, il Peretti, il Cavalli, il
         Lupetti, il Rossetti Valentini, il Fornara. Alcuni dei loro
         affreschi figurano nelle belle chiese della valle. In alta
         quota le numerose cime, che superano quasi tutte i duemila
         metri, offrono agli appassionati di alpinismo itinerari
         suggestivi. Si raggiunge la valle da Domodossola con la
         Strada Statale n. 337 molto scorrevole e transitabile anche
         da grossi torpedoni; e da Locarno attraverso la strada delle
         Centovalli. I due capoluoghi sono collegati anche dal
         trenino della Ferrovia Vigezzina con un percorso
         spettacolare in mezzo ai boschi e sospeso in molti tratti su
         arditi ponti aerei. La Valle Vigezzo è pure collegata
         al Lago Maggiore attraverso la tortuosa strada della Valle
         Cannobina. | 
 
   
      | 2 - IL MIRACOLO DEL
         SANGUE | 
   
      | 
 | Erano le ore 23 del 29 aprile del
         1494. In quel tempo la giornata era divisa in 24 ore, dal
         tramonto al tramonto, finiva ed iniziava l'imbrunire. Era un
         martedì. Ciò che accadde non può
         ritenersi una leggenda, poiché e ben documentato in
         due pergamene autentiche di quell'epoca, firmate dai
         podestà della Valle, Daniele Crespi e Angelo Romano,
         e controfirmata, la prima, da quattro notai, i cui nomi
         figurano negli archivi comunali di alcuni paesi vigezzini.
         Un'ora prima del tramonto un certo Giovanni Zucono
         (soprannominato poi "Zuccone") assieme con l'amico Comolo
         giocava alla "piodella" sulla piazzetta antistante la chiesa
         del paese, dedicata a S. Maurizio. | 
 
   
      | Il gioco consisteva nel porre sopra
         un bussolotto di legno o di sasso (il "mago") una moneta per
         ciascun giocatore. Viceversa chi colpendo il "mago" con la
         piodella (una scheggia di sasso rotondeggiante) "riusciva a
         spargere le monete intorno facendo sue quelle più
         vicine alla "piodella". Lo Zuccone, già noto per il
         suo carattere furioso, quella sera era perdente, "non
         sappiamo quanto denaro, ma a sufficienza per scatenare in
         lui la collera e l'irrazionalità che si nasconde in
         ognuno di noi quando ci sentiamo perseguitati dalla
         sfortuna". E lo Zuccone se la prende con la tranquilla
         immagine della Madonna che è li a pochi passi sotto
         il porticato della chiesa, dipinta sulla
         facciata, | 
 | 
 
   
      | 
 | a destra della porta di entrata e
         che sembra non occuparsi delle disavventure dello Zuccone.
         Accecato dall'ira scaglia la "piodella" contro l'immagine e
         la colpisce in fronte. "Poltron, lo rimprovera il compagno
         Comolo, hai tratto alla Vergine Maria!". Lo Zuccone rientra
         in se stesso e preso da rimorso, si inginocchia davanti alla
         Madonna e chiede perdono. | 
 
   
      | Lo Zuccone rientra in se stesso e
         preso da rimorso, si inginocchia davanti alla Madonna e
         chiede perdono. | 
 | 
 
   
      | 
 | Poi, colti tutti due da una
         sensazione di paura; fuggono, Prima ancora dei segni
         prodigiosi che stanno per manifestarsi sulla sua immagine
         colpita in modo sacrilego, la Madonna ha già compiuto
         il primo miracolo nel cuore del suo aggressore. Nella notte,
         verso le 11, prima Giovanni di Minola di Re e poi Antonio
         Ardicio di Craveggia, passando davanti alla chiesa, notano
         un chiarore insolito sotto il porticato come se vi fosse una
         candela accesa. Anch'essi, presi da paura, si allontanano in
         fretta. | 
 
   
      | Prima dell'alba il sagrestano
         Stefano di Gisla, mentre si accinge ad aprire la chiesa per
         il suono dell'Ave Maria, trova inginocchiata davanti
         all'immagine una donna vestita di bianco; crede di
         riconoscere una sua vicina di casa e la saluta senza
         ricevere risposta; ma non si accorge di cosa stà
         avvenendo sull'affresco. | 
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      | 
 | Esce quasi subito dalla chiesa e non
         trova più la donna. Sarà un vecchietto di nome
         Bartolomeo a scoprire per primo l'avvenimento
         prodigioso. | 
 
   
      | Nel gesto devoto di toccare
         l'immagine della Madonna e di baciarsi la mano, s'accorge
         con stupore che è bagnata di sangue. Guarda la
         Madonna e vede che dalla ferita della testa esce un
         rigagnolo di sangue. Corre a chiamare il rettore della
         chiesa don Giacomo. Suonano le campane a distesa e la
         notizia si propaga di casa in casa, di paese in
         paese. | 
 | 
 
   
      | 
 | La gente accorre e si accalca sotto
         il portico della chiesa con gli occhi fissi sull'immagine
         insanguinata implorando ad alta voce: "Misericordia,
         misericordia". "Pareva che la terra
         tremasse". | 
 
   
      | Per tutto il giorno e la notte
         successiva molte persone rimangono sul luogo del miracolo a
         pregare con ceri accesi in mano. Dopo la mezzanotte il
         fiotto di sangue cresce e gocciola fino a terra emanando un
         profumo soave "impossibile a descriversi". Sul pavimento si
         tampona il sangue con "pannolini bianchi" che poi il parroco
         raccoglie in una tovaglia e ripone in un calice. L'effusione
         di sangue dura una ventina di giorni fino al 18 maggio in
         modo intermittente e sempre meno abbondante come da una
         ferita che a poco a poco si rimargina. Ad ogni emissione di
         sangue, si annuncia l'evento con il suono delle campane; al
         richiamo, il popolo accorre "di giorno e di
         notte". | 
 | 
 
   
      | 3 - LA PERGAMENA DEL
         PODESTA DANIELE CRESPI | 
   
      |   Il primo documento che comprova
         l'autenticità del miracolo di Re è la
         pergamena del Podestà della Valle Vigezzo Daniele
         Crespi di Busto Arsizio, un atto pubblico firmato da lui
         stesso e controfirmato da quattro notai: Pierino balconi (lo
         stesore della pergamena), Giovannino Rossi, Pietro Rossi e
         Pietro Balconi. Quest'ultimo, cancelliere del
         Podestà, chiude la pergamena di suo pugno con la
         clausola di conferma. La pergamena, conservata nell'archivio
         parrocchiale in discrete condizioni (manca del sigillo di
         ceralacca), è scritta in latino con frequenti
         abbreviazioni e contiene la dichiarazione del podestà
         che attesta di essersi recato alla chiesa di Re con molti
         "chierici e nobili uomini" della valle e di aver esaminato i
         muri della chiesa "per vedere se il fatto fosse stato
         provocato artificialmente"; convintosi che il "sangue era
         sceso e scendeva miracolosamente... dalla fronte
         dell'immagine", "sentito che un tal Giovanni Zuccone,
         proprio in quello stesso martedì aveva scagliato un
         sasso contro l'immagine", raccolte le testimonianze di
         alcuni testimoni, invita i quattro notai a confermare la
         solenne dichiarazione con il loro segno di tabellinonato
         ("una sorta di timbro personale e ufficiale fatto con un
         ghirigorio a penna"). Fa anche un accenno generico "ai segni
         prodigiosi" che seguiranno alla effusione miracolosa di
         sangue e alla costruzione di un "nuovo tempio, maestoso" che
         gli abitanti di Re non possono "portare a termine per
         la |   | 
   
      | loro povertà" e quindi "si sentono
         costretti ad implorare aiuti dai fedeli seguaci di Cristo".
         L'edizione critica del documento fa osservare che i notai,
         appartenenti a due famiglie divise tra loro da accanite
         fazioni politiche, i Balconi e i Rossi, ora uniti in un
         documento pubblico, così insolito nella loro
         attività professionale, colgono nel sangue della
         Madonna la grazia della riconciliazione. | 
 
   
      | 4 - LA PERGAMENA DEL
         PODESTA ANGELO ROMANO | 
   
      | 
 | Il secondo documento comprovante la
         verità storica del miracolo del sangue è
         un'altra pergamena molto più estesa che sviluppa il
         contenuto della precedente con i particolari
         dell'avvenimento prodigioso e con l'elenco delle grazie.
         Più della prima è pervasa dalla commozione e
         dal sentimento religioso di devozione verso la Vergine.
         Termina con un'esortazione simile ai sermoni dell'epoca con
         qualche accenno apocalittico che rivela le paure per lo
         svolgersi minaccioso degli avvenimenti politici e militari
         di quel tempo e per le prime avvisaglie di altre fratture
         nell'unità della Chiesa. "Questa è la donna
         che mai alcun seme di qualità umana
         contaminò... Farai bene, tu, se dentro di te
         conserverai integri l'amore e la carità di questa
         donna. Se il vizio ti acceca, i suoi begli occhi cercando,
         Ella nell'intimo ti sanerà... Non si può sudar
         sangue senza un grave dolore; Ella sparge il suo per salvare
         il nostro... Corriamo a vedere il suo sangue... non
         tardiamo, non tardiamo perché l'anno della vendetta
         dei nostri peccati stà per avvicinarsi... La
         pregheremo che il breve volger di tempo muti il parer del
         Figlio. Altrimenti accadrà ciò che è
         stato divisato: povertà, fame, pioverà sangue
         sui campi e sui prati... verrà un tempo crudele
         assai, nel quale anime perverse con le loro crudeltà
         devasteranno la Chiesa. Il gran punire purificherà il
         gran peccare... Alza la mente verso il primo amore! Da Lei
         nasce ogni bene e perfezione...". Questa seconda pergamena,
         scritta in italiano non puro nell'anno 1500, è stata
         dettata dal podestà della Valle Angelo Romano, di
         origine veneta, successore del Crespi. | 
   
      | Prima incredulo circa i fatti di Re,
         non potendo resistere ad un richiamo interiore ("dentro di
         me ero continuamente punzecchiato") si sente costretto a
         recarsi a Re. | 
 
   
      | 5 - IL
         SANTUARIO | 
   
      | Nei cento anni successivi al
         miracolo non fu possibile costruire quel" maestoso tempio" ,
         cui si fa cenno nella pergamena del Crespi, a causa delle
         tristissime vicende politiche ed altre calamità,
         previste nella pergamena del Romano. Già sette anni
         prima del miracolo la Valle che apparteneva al Ducato degli
         Sforza dato in feudo ai Borromei, era stata saccheggiata e
         depredata dai Vallesani e per tutto il secolo XVI
         risentirà del passaggio nell'Ossola degli eserciti
         francesi e spagnoli e dei tentativi insurrezionali di
         scacciare lo straniero; e subirà, oltre le vessazioni
         militari, anche quelle fiscali imposte dai padroni di turno,
         in particolare dagli spagnoli. Inoltre dal 1513 al 1530 per
         ben cinque volte il flagello della peste decimò
         le |   | 
   
      | popolazioni. Alla fine del XVI
         secolo si aggiunse la piaga del brigantaggio. Solo nel 1596
         il venerabile Bescapè, vescovo di Novara, nella sua
         prima visita pastorale, dà un impulso decisivo al
         culto della Madonna del Sangue. Decreta delle disposizioni
         severe relative alla custodia dell'immagine e delle reliquie
         del sangue; con una lettera invita i Vicari foranei della
         diocesi a far conoscere e venerare la Madonna di Re; e
         sollecita la costruzione di un tempio degno del
         miracolo. | 
 
   
      | Nel '700 viene costruito attorno
         all'affresco del miracolo il pregevole altare di marmo
         intarsiato con balaustra semicircolare, proveniente dalla
         scuola lombarda. L'altare è stato concepito come
         nicchia per incorniciare l'affresco e come trono della
         Madonna per tributarle quel debito di onore e di amore quale
         Madre di Dio e Madre della divina Grazia. Due angeli di
         marmo bianco stanno in adorazione ai fianchi dell'affresco,
         mentre sulla cuspide dell'altare sei angioletti in
         composizione ovale sorreggono alla sommità una corona
         per la regina del cielo e della terra. |   | 
   
      |  | 
 
   
      |   | Vi ritorna nel 1603 ma trova le cose
         come le aveva lasciate e richiede che si faccia almeno un
         "vestibolo" attorno all'immagine del miracolo. Nella terza
         visita del 1609 in una breve relazione manifesta la sua
         "consolazione" nel vedere che "la fabbrica di questa chiesa
         della Vergine faccia progressi grandi". Nel 1627 in Vescovo
         Volpi può consacrare e inaugurare il Santuario di
         stile corinzio ad una sola navata. Nel 1627 in Vescovo Volpi
         può consacrare e inaugurare il Santuario di stile
         corinzio ad una sola navata. | 
   
      |  | 
 
   
      | La parte più ardita del
         tempio è sicuramente la cupola; si presenta maestosa,
         sormontata da quattro vigili torri, agli occhi stupiti dei
         turisti che si affacciano, d'improvviso, al grandioso
         spettacolo, provenienti delle Centovalli Svizzere e dal
         versante italiano. Si eleva nel cielo con spettacolare
         maestoso ardimento fino all'altezza di 51 metri. E
         indubbiamente un pregevole lavoro di architettura che crea
         una nota di particolare eleganza nel complesso armonioso
         della costruzione. |   | 
   
      |  | Interno della Basilica della Madonna del
         Sangue - La cupola centrale | 
 
   
      | 
 | L'immagine della Madonna di Re raffigura
         con uno stile romanico bizantineggiante una delle Madonne
         del latte, assai diffuse nel periodo tra il XIII e il XIV
         secolo. Seduta in trono con Gesù Bambino benedicente
         sulle ginocchia, la Madonna è rappresentata nella sua
         funzione di madre-nutrice del Figlio di Dio, nella mano
         destra ostenta tre rose, il "fiore delle vergini" e il
         simbolo del Rosario. Ai piedi dell'immagine un cartiglio
         annunzia il significato teologico della missione di Maria:
         "In gremio Matris sedet sapientia Patris" ("In grembo alla
         Madre stà la sapienza del Padre"), espressione tipica
         dei Padri della Chiesa, non estranea alla cultura classica
         pagana. La devozione popolare vedeva anche nel seno della
         Vergine un segno di protezione e di buon auspicio rivolto
         alle puerpere in tempi in cui non si trovavano "succedanei
         al latte materno". Il pittore della Madonna di Re è
         anonimo non avendo lasciato la firma né su questo
         affresco né su altre opere da lui dipinte con uguali
         caratteristiche sia in Ossola che fuori. A preferenza di
         pittori celebri, è stato scelto dalla Provvidenza a
         "creare" un'immagine che sarà strumento di grazia e
         avrà larga diffusione in Italia e all'estero.
         Soprattutto nelle case della Valle Vigezzo, della Valle
         Cannobina, del Lago Maggiore e del Canton Ticino l'Immagine
         della Madonna del Sangue ha un posto di onore; inoltre la
         sua figura con la stimmate inconfondibile del sangue appare
         dipinta dovunque sui muri esterni delle abitazioni e sulle
         umili casere degli alpeggi. Grazie all'emigrazione vigezzina
         prevalentemente | 
   
      | di spazzacamini, peltrai, rivenditori
         ambulanti, pittori e gioiellieri, l'immagine della Madonna
         del Sangue è giunta nei vari cantini svizzeri, nel
         Tirolo, in Ungheria, in Austria, in Cecoslovacchia e fino
         alle Americhe. A S. Paolo di Appiano (Tirolo) nel 1875
         è stato eretto un Santuario dedicato alla Madonna di
         Re; presso Ginevra in una cappella a Perlj la Madonna del
         Sangue è stata riprodotta in una grande vetrata di
         Alexandre Cingria; così pure sulla porta di legno del
         tabernacolo della chiesa di Semsales in una scultura
         policroma, opera di Marcel Feuillat. In Ungheria esistono
         due santuari dedicati alla Madonna del Sangue: uno a
         Budapest e l'altro a Gorcsonj | 
 

 
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